Con il termine federalismo si intende la condizione di un insieme di entità autonome, legate però tra loro dal vincolo di un patto. I diversi membri di questo insieme possono riconoscersi nell'autorità di un capo che li rappresenti tutti (un monarca, un capo di governo, o anche - in un contesto trascendente - una divinità), oppure convergere in una assemblea generale.
L'accezione più diffusa del federalismo è quella politica: si tratta della dottrina che appoggia e favorisce un processo di unione tra diversi Stati che mantengono in diversi settori le proprie leggi particolari, ma hanno una costituzione condivisa e un governo comune. L'unità che si viene a creare è spesso chiamata federazione (mentre quando manchino anche una costituzione condivisa e un governo comune si parla di confederazione). I due livelli in cui è costituzionalmente diviso il potere sono distinti tra loro e sia il governo centrale, sia i singoli Stati federati, hanno sovranità nelle rispettive competenze. I sostenitori di questo sistema politico vengono chiamati federalisti.
In senso più ampio, inoltre, soprattutto nel dibattito politico italiano, si parla spesso di federalismo in riferimento ad un crescente decentramento nella gestione pubblica, attribuendo ai singoli enti locali una maggiore autonomia nella raccolta delle imposte e nell'amministrazione delle proprie entrate e delle spese.
Questa parola era utilizzata nei trattati teologici di alcuni pensatori riformati, per descrivere la peculiare relazione esistente tra Adamo e tutti gli esseri umani nati dopo di lui (ovvero tutto il genere umano, discendente da Adamo "secondo la carne") e, per analogia, la relazione tra Cristo e coloro che sono rinati nello Spirito Santo (cioè l'umanità rigenerata: cfr. Vangelo di Giovanni 3,1-8, Lettera ai Romani 5,12-21 e 8,1-17).
Gli scritti di due autori britannici, Albert Dicey e James Bryce, hanno influenzato le prime teorie sul federalismo. Dicey identificò due condizioni per la formazione di uno Stato federale: il primo era l'esistenza di un gruppo di nazioni "così vicine per luogo, storia, razza e capaci di portare, negli occhi dei loro abitanti, uno spirito di nazionalità comune."; la seconda condizione è il "desiderio di unità nazionale e la determinazione di mantenere l'indipendenza di ogni uomo, come di ogni Stato separato".
Uno Stato può essere reso "federale" rispetto ad un precedente Stato unitario (federalismo dissociativo) o rispetto ad una pluralità di Stati precedenti, indipendenti o confederati (federalismo associativo).
La divisione dei poteri è una caratteristica fondamentale nel federalismo.
In un sistema federale la costituzione è la norma suprema da cui deriva il potere dello Stato. Un potere giudiziario indipendente è necessario per evitare e correggere ogni atto legislativo che sia incongruente con la costituzione. Perciò, il federalismo è delimitato dalla legalità. La costituzione deve necessariamente essere rigida e snella. Le sue prescrizioni devono essere o legalmente immutabili o capaci di essere cambiate soltanto da qualche autorità che stia al di sopra e oltre gli ordinari corpi legislativi.
Il termine "federalismo" non nacque in ambito politico, bensì teologico.
Già a partire dal XVII secolo (ben prima che si parlasse di federalismo in ambito politico, dunque), questa parola era utilizzata nei trattati teologici di alcuni pensatori riformati, per descrivere la peculiare relazione esistente tra Adamo e tutti gli esseri umani nati dopo di lui (ovvero tutto il genere umano, discendente da Adamo "secondo la carne") e, per analogia, la relazione tra Cristo e coloro che sono rinati nello Spirito Santo (cioè l'umanità rigenerata: cfr. Vangelo di Giovanni 3,1-8, Lettera ai Romani 5,12-21 e 8,1-17).
Se nel pensiero politico, però, all'interno di un sistema federale sia il "capo" rappresentante sia i membri rappresentati condividono la stessa sovranità, in ambito teologico la distinzione tra Cristo e l'umanità redenta resta comunque insuperabile.
Esistono vari tipi di federalismo:
FISCALE: è una dottrina economico-politica volta a instaurare una proporzionalità diretta fra le imposte riscosse in una determinata area territoriale del paese (i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni) e le imposte effettivamente utilizzate dall’area stessa. Tale sistema, integrato e coordinato tra i vari livelli di governo dello Stato, prende il nome di fisco federale.
DEMANIALE: è disciplinato dal d.lgs. 28 maggio 2010, n. 85, e costituisce un fenomeno accessorio del federalismo fiscale. Quest'ultimo è previsto in Italia dall'articolo 119 della Costituzione ed è in corso di attuazione ad opera della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante "Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione", nonché dei decreti legislativi di esercizio della delega. Il d.lgs. 85/2010, comunemente noto come federalismo demaniale, costituisce il primo di questi decreti delegati, in ordine cronologico.
Il processo di federalismo in Italia si è avviato a partire dagli anni ’90 con una serie di
riforme che hanno portato ad un sempre maggiore decentramento (la cosiddetta riforma
Bassanini prevista dalle leggi 59/97 e 127/97). Il passo decisivo si è verificato nel 2001
con la riforma del titolo V della Parte II della Costituzione. Tale riforma ha trasformato in
radice tutto l’assetto del governo territoriale, ed ha sovvertito i tradizionali rapporti tra
centro e periferia, attraverso:
1. l’ampliamento delle funzioni decentrate da finanziare a livello sub-centrale (ad
esempio il trasferimento alle regioni delle competenze relative all’istruzione, come previsto
dalla cosiddetta “devolution”);
2. l’avanzamento del processo di attribuzione di tributi e compartecipazioni alle
regioni e agli enti locali.
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